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Gallipoli: il Rinascimento

Gallipoli

Rimpatriati i cittadini e ricostruito l'abitato con una diocesi esigua (popolata da seimila anime, feudi inclusi), Giovanna I nel 1347 confermò gli antichi privilegi. Lentamente aumentavano gli abitanti fino a raggiungere alla fine del sec. XV quasi 7.000 unità. Anche con il nuovo dominio degli Aragonesi rimase città demaniale, libera e franca. Ma intanto a Gallipoli erano giunti i Frati Francescani, che, anticipando di almeno un secolo i Domenicani, fondarono convento e chiesa nell'angolo estremo della città.

Nella lunga guerra tra Ferdinando I d'Aragona e Venezia, più violenta nel biennio 1483-1485, Gallipoli rimase fedele al sovrano, ma nei giorni 16-19 maggio 1484 fu assediata dai Veneziani e, dopo una strenua ed eroica resistenza, fu costretta ad arrendersi, subendo inevitabili rappresaglie e ruberie, tra cui, pare, il trafugamento di beni culturali come l'archivio civico. Finché non si spense la dinastia aragonese, s'intensificarono le attestazioni verso la città "fedelissima", che sullo stemma araldico meritò fregiarsi della legenda "Fideliter excubat" anche sotto il successivo regno passato alla Corona di Spagna.

La popolazione gallipolina, d'origine greca, continuò ad usare l'idioma greco, non avendo, nel passato, mai assimilato facilmente la dominazione romana né avendo poi subito alcun processo di latinizzazione da parte dei Normanni o dei Benedettini per la persistente influenza della civiltà bizantina garantita soprattutto dalla presenza dei Basiliani. Tutte le comunità monastiche basiliane del contado gallipolino cessarono di esistere tra XIV e XV sec., se l'ultima cerimonia religiosa in liturgia greca risale al 10-1-1513 in occasione dei funerali della madre dell'abate Francesco Camaldari, eredità che si ripete ai nostri giorni ogni 5 febbraio col canto in greco del Vangelo nel solenne pontificale in onore di S. Agata.

È la testimonianza certa che Gallipoli col suo vasto territorio e le sue numerose masserie diffuse nel feudo ha avuto un ruolo di primo piano nel radicamento del greco salentino, prima di accettare totalmente lingua e civiltà latina, rassegnandosi a malincuore nel cedere il passo anche alla nuova forma di culto che i Domenicani, arrivati in città nel 1517 a fondare convento e chiesa, mostrarono di prediligere e di sposare sostituendosi definitivamente ai greci Basiliani, già da tempo in seria crisi di vocazioni e in grave decadenza.

Nel frattempo la città, da cui nel 1540, per volontà del cattolico governo spagnolo, erano stati espulsi gli Ebrei dal quartiere della Giudecca (area del Canneto), con una popolazione ancora stabile, superiore alle 6 mila unità alla fine del sec. XVI, fu dotata del rivellino, di baluardi, bastioni e torri d'avvistamento, totalmente fortificata dopo l'infausta umiliazione patita per opera dei Veneziani, a significare la sua importanza strategica nello scacchiere delle grandi potenze.

Si radunò a Gallipoli e salpò dalle nostre coste l'Armata cristiana che sconfisse la flotta mussulmana nelle acque greche di Lepanto il 7 ottobre 1571. Era a capo della spedizione don Giovanni d'Austria fratellastro di Filippo II, re di Spagna, mentre il cappellano delle nostre truppe era l'agostiniano spagnolo Alfonso Herrera, futuro vescovo di Gallipoli fino al 1585. Pur risentendo, per tutto il sec. XVI ed oltre, del malgoverno spagnolo, la città rimase estranea alle rivolte frequenti nel Vicereame di Napoli a partire dal 1647.

Articolo curato da Gino Schirosi

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